Dopo la " cathédrale engloutie" , dunque, nientedimeno, che un campanile imprigionato nella mia stessa città...., quello della chiesa originaria di Santa Caterina d' Alessandria, antico quanto l' insediarsi in città della dinastia gonzaghesca...
Sembrava che così fosse e doveva essere proprio così, stando all'autorevolezza indiscussa e indiscutibile della fonte, Stefano Scansani, in " Mantua Omnia" , fresco di stampa e di lettura, alla pagina 436 dell'itinerario ultimo proposto, quello trasteverino, nella Mantova d'acqua sud-orientale oltre via Garibaldi, tra il Gradaro e Porto Catena.
Incredibile, ma vero, indubitabilmente.
Animato dal fervore di fare corrispondere il vero attestato dai sensi alla notizia favolosa, mi ci dirigo in bicicletta, non appena fa sera il di seguente la lettura rivelatrice.
Sbaglio ovviamente il primo tentativo d'accesso, basandomi sulla memoria vaga di quanto ho appena letto d'incanto, apro il libro, ne seguo puntualmente le indicazioni, devio da via Gradaro, ove m'ero inoltrato in un cortile sudicio di avanzi e rottami, imbocco via Santa Caterina, ed ecco, indicati a bella posta per il lettore prevedibilmente disattento , i pilastri cilindrici dell'atrio d'accesso, cui Stefano Scansani faceva appunto puntuale riferimento, la inferriata che dà accesso al cortile in cui intravedo, cionondimeno stupefatto, dapprima i soli basamenti del campanile, poi il suo intero corpo segregato tra i condomini , con " tutte le sue cose romaniche a posto" nel calore della sua rustica pietra padana, esattamente come in " Omnia Mantova" figurava magnificamente descritto: le finestre binate, su ogni lato, di cui lo slancio ascendente della lesena centrale, solamente rallentato dalla modanatura a dente di sega, su umili peducci, riprendeva l'inarcatura perchè si unificasse nella graziosa bifora sovrastante e nella sua incorniciatura. .
Sembrava che così fosse e doveva essere proprio così, stando all'autorevolezza indiscussa e indiscutibile della fonte, Stefano Scansani, in " Mantua Omnia" , fresco di stampa e di lettura, alla pagina 436 dell'itinerario ultimo proposto, quello trasteverino, nella Mantova d'acqua sud-orientale oltre via Garibaldi, tra il Gradaro e Porto Catena.
Incredibile, ma vero, indubitabilmente.
Animato dal fervore di fare corrispondere il vero attestato dai sensi alla notizia favolosa, mi ci dirigo in bicicletta, non appena fa sera il di seguente la lettura rivelatrice.
Sbaglio ovviamente il primo tentativo d'accesso, basandomi sulla memoria vaga di quanto ho appena letto d'incanto, apro il libro, ne seguo puntualmente le indicazioni, devio da via Gradaro, ove m'ero inoltrato in un cortile sudicio di avanzi e rottami, imbocco via Santa Caterina, ed ecco, indicati a bella posta per il lettore prevedibilmente disattento , i pilastri cilindrici dell'atrio d'accesso, cui Stefano Scansani faceva appunto puntuale riferimento, la inferriata che dà accesso al cortile in cui intravedo, cionondimeno stupefatto, dapprima i soli basamenti del campanile, poi il suo intero corpo segregato tra i condomini , con " tutte le sue cose romaniche a posto" nel calore della sua rustica pietra padana, esattamente come in " Omnia Mantova" figurava magnificamente descritto: le finestre binate, su ogni lato, di cui lo slancio ascendente della lesena centrale, solamente rallentato dalla modanatura a dente di sega, su umili peducci, riprendeva l'inarcatura perchè si unificasse nella graziosa bifora sovrastante e nella sua incorniciatura. .
E circostante, l' "inverosimile" eppur vero quadretto offerto dal cortile, secondo le parole insostituibili della mia guida: " il campanile inquilino se ne sta faccia a faccia con i cucinotti, i vani scale, i soggiorni e le camere da letto, godendo sul fondo della compagnia dell'abside nella nuova chiesa di Santa Caterina D'Alessandria".
L'ora della sera mi rende particolarmente sensibile alla malinconica fascinazione di un rudere murario accanto, che fa da cinta ad un giardinetto irrorato di luce da un lampione, il cui alone avviva ed esalta l'acciottolato del piano di calpestio: e quel cortile mi si rivela un accenno di piazza, che nobilita in una solitudine elitaria la vestigia del campanile che l'ha occasionata.
In India, i giorni della settimana appena trascorsa , prima del mio rientro dolente, non una delle apsaras i cui svolii ero tornato a rivedere nei templi di Khajuraho, che m' avesse trasfigurato, come quel campanilino umile e negletto, eppure magico dell' incantesimo dell' imprevisto inatteso, dell' incognito, nella realtà di ogni giorno, che si rivela vero quanto è vero ciò che ti è più noto di essa, estraniando in una dimensione fantastica di favola la sua ordinarietà abituale.
L'ora della sera mi rende particolarmente sensibile alla malinconica fascinazione di un rudere murario accanto, che fa da cinta ad un giardinetto irrorato di luce da un lampione, il cui alone avviva ed esalta l'acciottolato del piano di calpestio: e quel cortile mi si rivela un accenno di piazza, che nobilita in una solitudine elitaria la vestigia del campanile che l'ha occasionata.
In India, i giorni della settimana appena trascorsa , prima del mio rientro dolente, non una delle apsaras i cui svolii ero tornato a rivedere nei templi di Khajuraho, che m' avesse trasfigurato, come quel campanilino umile e negletto, eppure magico dell' incantesimo dell' imprevisto inatteso, dell' incognito, nella realtà di ogni giorno, che si rivela vero quanto è vero ciò che ti è più noto di essa, estraniando in una dimensione fantastica di favola la sua ordinarietà abituale.