Credo che si debba innanzitutto solidarizzare con il Sindaco Palazzi e la giunta tutta della nostra città, quando li si accusa ingiustamente da parte delle autorità del rabbinato internazionale di un antisemitismo che ispirerebbe il progetto di Mantova Hub. Niente di più falso. Al contempo come non condividere il senso profondo del loro richiamo al rispetto delle tradizioni e dei morti, delle grandi anime del passato, tanto più di chi è stato in tutta la sua dignità e grandezza cittadino ebreo di Mantova. Ottima, in tal senso, è la proposta che è sopraggiunta di istituire un Museo della Qabbalah che ebbe a rifulgere nella nostra città. In realtà è un rispetto che andrebbe riconosciuto dalle stesse autorità ebraiche a tutti i morti, di tutte le tradizioni religiose e di pensiero. Immaginiamoci se personalmente non mi tocca tale principio, avendo sempre auspicato e sollecitato invano che Mantova anziché trarre ispirazione solo da ciò che di festante e presente e vivo si illude che possa far sopraggiungevi overtourism, e invece che inseguire, anche nel festival letteratura, sempre e solo ciò che è voce di successo e di mercato, in convegni e congressi si richiamasse nelle sue istituzioni ai grandi uomini del suo passato prossimo e remoto, o ai forestieri e agli stranieri che vi vissero e la onorarono e che ne sono stati insigniti della cittadinanza onoraria, siano essi Virgilio, o Teofilo Folengo, Giorgio Bernardi Perini o Seamus Heaney, Francesco Verri, Learco Guerra, Tazio Nuvolari o Vasco Bergamaschi, Claudio Monteverdi o Enzo Dara, i nostri grandi del pensiero filosofico e scientifico , Pomponazzi, Bettinelli, Ardigò, non meno degli artisti figurativi che vi operarono. Ciò detto, l’obiezione che avanzano a tal punto i nostri amministratori, che di fatto rigetta nell‘irrilevanza tali nobili mozioni di principio, è che devono essi attenersi solo alle norme e agli interessi che sono in atto, che sono essi obbligati innanzitutto al rispetto ai vivi e dei loro bisogni, sicché per loro tali norme, in nome della suprema laicità dello stato, valgono non più o di meno che il richiamo di Gesù a lasciare che i morti seppelliscano i morti. Del resto la subordinazione di ogni diritto canonico e religioso a quello civile e l’affermazione dello jus in omnia dello stato politico ha uno dei primi e più grandi assertori nel filosofo ebraico Baruch Spinoza, che per la sua libertà di pensiero fu scomunicato dalla Comunità ebraica di Amsterdam, mediante il bando del cherem che lo malediceva di giorno come di notte, ammonendo tutti i membri della Comunità di non avere più nessuna sorta di contatto con lui, né fisico né mentale. Lo snodo cruciale a tal punto è che è proprio tale rivendicazione a ritorcersi contro i nostri amministratori, e inesorabilmente, non solo in quanto i patti sono da rispettare, pacta sunt servanda, data l’inviolabilità del sito di San Nicolò contemplata dagli accordi del febbraio 1852 tra Stato austriaco e comunità ebraica, ribaditi nell’aprile 1923, ma tanto più perché la legge 101 del 1989 dello Stato Italiano repubblicano, che vale erga omnes , nei confronti di tutti, richiamata dal rabbino capo Abraham Ginsberg, impone tassativamente la perpetuità inviolabile delle sepolture ebraiche, avvalorata per giunta dal paragrafo 5 della risoluzione 1883 risalente al 2012 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio di Europa.Ne consegue dunque ineludibilmente che il progetto Mantova Hub è da rivedere in altro sito, e che quello di san Nicolò è da lasciare all’erba che vi cresca folta. E’ una vicenda che dovrebbe restare di monito a chi in nome del proprio verbo manageriale e tecnocratico, succube del presente e dei suoi diktat, crede di poter rottamare con uno schiocco di dita o un sorvolìo leggero le grande tradizioni spirituali e di pensiero. Così vorrebbe infatti il dettame inviolabile di ciò che è di principio, secondo ragione e diritto. Ma ho usato i condizionale “ dovrebbe” e “ vorrebbe” perché per tutto ciò ed il resto c’è già il ministro ad hoc che può consentire di agire in deroga e far rifulgere che Palazzi fa solo cose buone. Post scriptum Se Nicola Sodano queste cose le sapeva già, come ha confidato alla stampa,, perché non è intervenuto a suo tempo?
Odorico Bergamaschi
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