martedì 11 agosto 2015

Lettere alla Gazzetta Versus gli antagonisti di piazza e di rete di Salvini 11 Novembre 2014

Mi spiace- solo relativamente- per gli antagonisti  di  piazza e di rete a Matteo Salvini che si sentono indotti ad attaccarlo insieme alla Lega con ogni forma di insulto inluogo della critica reale, magari ostentando la presunzione di superiorità di unrazzismo morale che seguita a denotare insopportabilmente il presunto essere disinistra, o scambiando la politica per  un cartoon adolescenziale e per un bullismo direte in cui vince chi fa cagare sotto il nemico, ma il fatto stesso che Salvinila Lega siano divenuti la loro ossessione esistenziale che li
induce al peggio di se stessi, è la prova più evidente di quanto Salvini si
stia dimostrando un politico capace e temibile oltre il prevedibile. Tale
riconoscimento non significa alcuna condivisione di orizzonti e di intenti di
Salvini, per lo più aberranti, ma è la presa di distanza che in luogo del
coinvolgimento finanche morboso risulta la condizione imprescindibile per
contro attaccarlo efficacemente, innanzitutto riconoscendo gli stati di
sofferenza e le paure e le criticità reali cui sa risalire, invece di disconoscerli per principio preso, magari palesando  propria quell’ignoranza razzistica che per
tali antagonisti consimili e mimetici costituirebbe sempre e solo l’anima nera
e l’ incultura degli altri. E’ la condotta esistenziale di un’indagine e di uno
studio interminabile delle ragioni degli altri, che a certi eterni  ragazzi e principianti della politica, cultori incalliti di ideologismi che al tempo della globalizzazione sono  divenuti la  nostalgia patologica reazionaria dei padri titanici del buon comunismo e dei buoni compagni di un tempo, a certi supponenti ed arroganti professionisti in rete dell’antidiscrimine, sfioriti i fasti dell’antiberlusconismo inossidabile, è quanto dovrebbe insegnare una rialfabetizzazione del tutto  personale alla politica  democratico-liberale,  che consenta di acquisirne i termini minimi imprerscindibili, il senso dei limite,  lo spirito discente della propria fallibilità fallimentare e dell’autocritica ironica, innanzitutto,   secondo  quanto è  vero di ogni terapia risolutiva.

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