Dopo l'intervento di Roberto Pedrazzoli, ex assessore alla cultura della Provincia di Mantova, " Io difendo l'arte moderna nella Casa del Mantegna", già mi ero ancor più persuaso, a dispetto dei suoi argomenti, che Stefano Scansani disponga di molte più ragioni da vendere di quante non ne abbia già espresse - nel caldeggiare appassionatamente che la Casa del Mantegna ne divenga la mostra virtuale delle opere eccelse. Il nobile canto del cigno che nel vibrato " io difendo" l'ex-assessore ha intonato, nostalgico di un'epoca culturale oramai trapassata, mi aveva disvelato che il prestigio monumentale della Casa serve più che altro a mascherare che da avamposto di avanguardia dell’arte moderna e contemporanea, qual era ai tempi ruggenti di Bertoli e Baratta,- per me di che cara e grata memoria-, ne è diventata da tempo una scricchiolante ridotta, dai limitati raccordi, quando non è avulsa, con i mutamenti intervenuti frattanto nel contesto culturale mantovano,-tra l'altro, piaccia o dispiaccia, sempre più interculturale ed interreligioso-. Mi riferisco all' istituzione dell'università di Mantova, innanzitutto, in relazione con le cui facoltà di architettura e di ingegneria è gioco forza che il contesto propositivo ed espositivo delle arti sia polarizzato e rivitalizzato, assai di più di quanto Pedrazzoli ha rammemorato che si è pur verificato, dato il rapporto ch'è fondamentale, nella civiltà italiana, tra le arti varie e le configurazioni architettoniche ed urbanistiche della città e del paesaggio territoriale.
Ad un certo punto mi è parso che Pedrazzoli voglia addirittura indurre lo Scansani a convenire, e ad assecondare, quanto poco si sia speso in effetti per onorare il nostro Novecento artistico, che Scansani, come tutto ciò che non sia antiquario, avrebbe a disdegno e in gran dispitto. " Per l'Arte ccontemporanea, Scansani si rassicuri, la Provincia non si è mai svenata". Fosse vero ciò che insinuo, si tratterebbe di una vera e propria chiamata in correità culturale, se a quanto credo, come semplice amatore curioso, il Novecento è il più alto secolo in Mantova di pittori e scultori locali,- con il Settecento, e forse ancora di più,- talmente già sotto i Gonzaga il genio esterno- e allora lo era per davvero- aveva compresso e depresso quello nostrano.
Ma poi è intervenuta l'assessore Zaltieri a fantasmagorizzare tutto, e secondando d'incanto le sue proposte, mi è parso già di vederla, la Casa del Mantegna, dilatarsi a dismisura in tutta la sua evocata vastità di arca arcana di mirabilia, farsi fucina e laboratorio e bottega di ogni arte e mestiere, campo di scorrimento e di sosta, indisturbata, del trasumanar ed organizzar di allestimenti e cantieri scolastici, prima che scatti il lasciapassare a fasi alterne, e come il Po, il Secchia, il Mincio, il Mella, il Chiese e l'Oglio nella Sala dei Fiumi, vi concorrano in concomitanza i territori, con le loro narrazioni e relazioni, e vi aprano percorsi e vi instaurino dialoghi artisti mantovani d'ogni età e ispirazione, l'alto Virgilio con il faceto Fredon.
O forse io non sono riuscito ad immaginarmi come tutto questo sia possibile allo stesso tempo nella stessa sede, senza che alcun trepestio e vocio e calpestio o sgomitio sia d'intralcio alle imprese, o che queste patiscano ristrettezze o ingombro alcuno di camini od arredi, nel più bell'agio consentito dai suoi ambienti angolosi. Forse, piuttosto, permane un eccesso di costipazione risicata in tutto questo, la costipazione che allo stesso tempo è addensamento- fabulatorio- di troppo nello stretto, e stipsi stitica di stanziamenti di fatto, ah, questo, il vero in effetti, del volersi intestare così tanto, nel fare rientrare tanta dovizie- fittizia- di proposte nella sola sia pur eccelsa Casa del Mantegna, per piccina ed eccelsa ch'ella sia. Un poco come tutti in un punto prima del big bang. Senza che sorga un solo dubbio, cautelativo, che si sottoponga l'intero impianto mantegnesco ad una sollecitazione ch'è a rischio di un suo crollo.
Scusi, cara Zaltieri, fuor di facezie, ma qualcuno si è stancato, da tempo, di tutte le volte che la cara Sinistra è passata dalla fantasia alle fantaparole al potere.
Della sua custodia cautelare emarginante.
Le sue sono proposizioni che fabulano tanto di eventi effimeri, e non hanno la realisticità di salvaguardare o di attuare ciò che sia permanente, innanzitutto recuperando, tutelando,riordinando, catalogando, consolidando, reinterpretando e “riqualificando” per avvalorare di nuovo.
Il che non è il massimo del dispendio, anzi, lo previene, in corrispondenza d' amorosi sensi con chi intenda localizzare in Mantova dei distretti tecnologici che perseguano- in sintonia con nuovi stili di vita...- il massimo risparmio energetico ed il minimo impatto ambientale.
Mi creda, lei è così venuta intessendo delle cantafole che possono indurre al malanimo di non dispiacersi più di tanto di non trovare interlocutori in Provincia, a non disperare ad oltranza dell’agonia espositiva della Casa di Mantegna, giacchè si può confidare pur sempre che incomba, ineludibile, l'abolizione della nostra come di ogni altra Provincia, per lo sgombero del suo Palazzo a magnifica sede sostitutiva di mostre e convegni.
Mi ascolti, a patrocinio accorato di una esausta Signora, quando le faccio presente che forse, intanto, la Casa del Mantegna auspica un meritato e tranquillo ed ozioso riposo, la quieta frequentazione che fa così belle le Città del silenzio, e che ai secoli dei secoli ella non chiede più altro che di essere visitata da chi solo ami, e non si attenda di meglio nelle sue segrete stanze, che vedervi evocate le opere del suo artefice massimo.
P. S
Il lettore intanto non perda l’occasione di vedere, nella Casa del Mantegna, la mostra Opere dalla Collezione d'arte moderna e contemporanea della Provincia di Mantova, può bastare un solo Polpatelli, o al più alcuni perfetti Cavicchini o le sublimi tele di Faciotto, a giustificarlne la visita, tanto più che potrà godere il piacere eletto di visitarvi le opere esposte in assoluta solitudine, un piacere pari solo a quello di visitare le chiese e di pregarvi e di meditarvi del tutto solinghi i giorni feriali, quando è garantito che non vi sia il fittume devozionale materialistico, oltre alla sincera fede, che può evocare in certe anime pie soltanto qualche discesa episcopale, tale piacere solitario l’ho sperimentato nella casa del Mantegna una, due, tre, quattro cinque volte senza eccezione, chissà, forse perché vi sono capitato od ho evitato di andarvi quando non vi era in visita qualche assessore, con il suo seguito annuente, a riconferma che meglio che lì quelle opere contemporanee moderne non possono essere esposte per essere viste dai pochissimi.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento