Quanto al sisma delle nostre Basse, io vorrei che almeno si fosse all’altezza del compito, per arduo che sia affrontarlo, in quanto richiede l’ elaborazione del lutto di perdute cose e di perdute memorie di intere comunità . Relativizzandolo, si può immaginare che in Giappone tale sisma sarebbe stato poco più che un soprassalto, che in Iran, in Pakistan, o in India, avrebbe causato migliaia di morti anziché poco più di una ventina di decessi. Esso resta tuttavia una catastrofe affettivo- memoriale ed economico-sociale immane, lo dico anche a raffronto con il sisma di Bam, in Iran, cui sono stato di ritorno l’estate seguente, perchè il suo verificarsi è risultato colpevolmente inatteso, ed è accaduto in una fase di acuta recessione economica, che volatilizza aiuti e solidarietà. Abitati come Mirandola centro e Concordia sono oramai città morte.
Nei media locali di Mantova sulla scia di una comparsata disgraziata di Vittorio Sgarbi nelle nostre Basse,ha trovato spazio l’irresponsabilità estrema, alla parola d’ordine “ salviamo anche l irrecuperabile”, laddove anche salvare il recuperabile eccede le possibilità effettive.
Un mio compaesano- l’amico Cavalletta Luciano- domenica scorsa mi ha così sintetizzato come a suo vedere stanno le cose: “ C’è poco da fare, quando c’è un morto in casa occorre seppellirlo”, esprimendo l’apprensione di fondo per come si rallentano o si paralizzano il ripristino di edifici e centri abitati, la messa in sicurezza o la demolizione di quelli pericolanti che tengono in scacco la ripresa della vita generale, questioni che sono assillanti più che il rifinanziamento stesso delle attività economiche, che in certa misura si sta avviando, per quanto si sia più solleciti a risollevare e a mettere a norma i capannoni industriali che gli edifici agricoli. Temo, purtroppo, che la realtà già ci imponga piuttosto, ancor più drasticamente, di lasciare evangelicamente che i morti seppelliscano i morti, perchè i vivi non ne siano vampirizzati, e che coloro a cui può essere consentito, in particolare i giovani- debbano essere indirizzati a cercare altrove fortuna, se la loro formazione richiede impieghi in attività di servizio urbane,- o rururbane- Se così seguitano a stare le cose, è previsione scontata che i centri abitati dei nostri paesi diventeranno zombies, all’ombra sis(mat)ica di campanili e chiese, e che ad essi subentreranno propaggini periferiche amministrativo-scolastico-sanitarie di fortuna, vuoi in mancanza di fondi e di possibilità di intervento congrui, vuoi per il sovrapporsi burocratico di vincoli di rispetto del paesaggio al limite del grottesco- che impongono che anche il fienile e la barchessa siano ricostruiti esattamente così com’erano e nei materiali di cui erano fatti prima del crollo. Suppongo che a tal punto occorrerà recuperare virtualmente come fossero edificate le terramare palafitticole, le dimore etrusche del Forcello o le tezze di legno e di cannicciati dei contadini poveri delle età pre-moderne, perché altrimenti le Sovraintendenze non daranno il nulla osta a che si insedino fabbricati di legno emergenziali , in quanto sarebbero difformi dall’edilizia rurale locale tradizionale ( sic in quel di Carpi). È facilmente preventivabile che l’incrociarsi ulteriore di veti e dogmatismi di Sovrintendenze e Curie determinerà, fatalmente, un immobilismo fantasmatico che aggiungerà ulteriori loghini e fienili ruderali,a quelli che già costellano da immemore tempo e senza indurre al loro restauro le nostre campagne, tanto più che nel ripullularvi rigoglioso del boschivo planiziale, già la natura la fa da gran padrona tra i loro resti , con il beneplacito beninteso di Italia Nostra, che in nome della pari dignità di tutte le vestigia del passato, in alcuni suoi esponenti grida allo scandalo anche per gli smontaggi controllati. E sai che futuro avrà l’agriturismo che stava prosperando in zona, quando nemmeno dalle città capoluogo delle province e dai dintorni ci si reca più visita e conforto alle popolazioni terremotate.
Quanto a Mantova, temo che il sisma vi avrà ripercussioni più gravi che in Modena stessa, anche se sembrerebbe vero il contrario stando alle misure cautelative che vi sono state assunte, giacché in Modena, a differenza che in Mantova, tutte le chiese storiche permangono chiuse, e la Chiesa per davvero è Chiesa terremotata di tutti i terremotati. Temo che ciononostante il sisma abbia colpito più duramente la nostra città, perché è stata la sincope che ha debilitato una comunità che da un decennio, almeno, versa in grave declino amministrativo e partecipativo, nel vuoto di una depressione generale politico-culturale...
Nei media locali di Mantova sulla scia di una comparsata disgraziata di Vittorio Sgarbi nelle nostre Basse,ha trovato spazio l’irresponsabilità estrema, alla parola d’ordine “ salviamo anche l irrecuperabile”, laddove anche salvare il recuperabile eccede le possibilità effettive.
Un mio compaesano- l’amico Cavalletta Luciano- domenica scorsa mi ha così sintetizzato come a suo vedere stanno le cose: “ C’è poco da fare, quando c’è un morto in casa occorre seppellirlo”, esprimendo l’apprensione di fondo per come si rallentano o si paralizzano il ripristino di edifici e centri abitati, la messa in sicurezza o la demolizione di quelli pericolanti che tengono in scacco la ripresa della vita generale, questioni che sono assillanti più che il rifinanziamento stesso delle attività economiche, che in certa misura si sta avviando, per quanto si sia più solleciti a risollevare e a mettere a norma i capannoni industriali che gli edifici agricoli. Temo, purtroppo, che la realtà già ci imponga piuttosto, ancor più drasticamente, di lasciare evangelicamente che i morti seppelliscano i morti, perchè i vivi non ne siano vampirizzati, e che coloro a cui può essere consentito, in particolare i giovani- debbano essere indirizzati a cercare altrove fortuna, se la loro formazione richiede impieghi in attività di servizio urbane,- o rururbane- Se così seguitano a stare le cose, è previsione scontata che i centri abitati dei nostri paesi diventeranno zombies, all’ombra sis(mat)ica di campanili e chiese, e che ad essi subentreranno propaggini periferiche amministrativo-scolastico-sanitarie di fortuna, vuoi in mancanza di fondi e di possibilità di intervento congrui, vuoi per il sovrapporsi burocratico di vincoli di rispetto del paesaggio al limite del grottesco- che impongono che anche il fienile e la barchessa siano ricostruiti esattamente così com’erano e nei materiali di cui erano fatti prima del crollo. Suppongo che a tal punto occorrerà recuperare virtualmente come fossero edificate le terramare palafitticole, le dimore etrusche del Forcello o le tezze di legno e di cannicciati dei contadini poveri delle età pre-moderne, perché altrimenti le Sovraintendenze non daranno il nulla osta a che si insedino fabbricati di legno emergenziali , in quanto sarebbero difformi dall’edilizia rurale locale tradizionale ( sic in quel di Carpi). È facilmente preventivabile che l’incrociarsi ulteriore di veti e dogmatismi di Sovrintendenze e Curie determinerà, fatalmente, un immobilismo fantasmatico che aggiungerà ulteriori loghini e fienili ruderali,a quelli che già costellano da immemore tempo e senza indurre al loro restauro le nostre campagne, tanto più che nel ripullularvi rigoglioso del boschivo planiziale, già la natura la fa da gran padrona tra i loro resti , con il beneplacito beninteso di Italia Nostra, che in nome della pari dignità di tutte le vestigia del passato, in alcuni suoi esponenti grida allo scandalo anche per gli smontaggi controllati. E sai che futuro avrà l’agriturismo che stava prosperando in zona, quando nemmeno dalle città capoluogo delle province e dai dintorni ci si reca più visita e conforto alle popolazioni terremotate.
Quanto a Mantova, temo che il sisma vi avrà ripercussioni più gravi che in Modena stessa, anche se sembrerebbe vero il contrario stando alle misure cautelative che vi sono state assunte, giacché in Modena, a differenza che in Mantova, tutte le chiese storiche permangono chiuse, e la Chiesa per davvero è Chiesa terremotata di tutti i terremotati. Temo che ciononostante il sisma abbia colpito più duramente la nostra città, perché è stata la sincope che ha debilitato una comunità che da un decennio, almeno, versa in grave declino amministrativo e partecipativo, nel vuoto di una depressione generale politico-culturale...