Per meno di una settimana, ancora, a integrazione della rassegna di Giulio Girondi “Architettura ed incisione negli anni di Giulio Romano”, in via di chiusura negli stessi giorni, nella sala rossa del Museo Diocesano resterà ugualmente esposta una preziosa silloge , integrativa, di disegni esemplificativi di come “ Per tutta la Lombardia giovò di maniera “ Giulio Romano, ( per “Lombardia” dovendo intendersi l’ Italia settentrionale ), curata sempre da G. Girondi, da Michele Danieli e Stefano l’Occaso, pur essa con un proprio catalogo edito dalla casa editrice il Rio di G. Girondi. Segnalo tale esposizione perché è un campione di ricerca plurima locale, non già una delega fiduciaria di grande mostre ad allestitori esterni, e altresì per il valore e la significatività di alcuni dei disegni esposti, alquanto eterogenei tra loro e, dispiace dirlo, senza il supporto di pannelli che riprendano le note del catalogo. Fra di essi primeggiano per grido autoriale due sanguigne del Parmigianino, che costituiscono due suoi studi di anziani di grande vigoria espressiva, nell’intensità della concentrazione di sguardo e nella muscolatura michelangiolesca, espostevi fors’ anche a risarcimento del fatto che G. Romano sia subentrato al Parmigianino negli affreschi di S. Maria della Steccata in Parma .Ma per la qualità e la libertà del disegno eccelle in assoluto una Sacra famiglia con S. Giovannino di Luca Cambiaso, che grandeggiò nella Genova dove di G. Romano fece scuola La lapidazione di Santo Stefano. Con il minimo possibile dei tratti di inchiostro bruno il Cambiaso esprime nel suo disegno a penna tutto l’intenerirsi reciproco della Madonna e del Bambino e di San Giovanni per il suo agnellino, in disparte un San Giuseppe cogitabondo .Dei tre disegni attribuibili o riconducibili più direttamente a Giulio Romano, si lascia di gran lunga preferire quello che inscena l’ammazzamento di un toro, per le linee di forza dell’abbattimento e quelle di prostrazione remissiva che profilano le due figure contrapposte dell’uomo necans, che uccide, e del toro abbattuto. Il disegno di un cacciatore che infierisce con il bastone su di un suo vecchio cane vale in particolare per la reattività risentita dell’animale, e pare che prefiguri una delle fabulazioni dell’appartamento del giardino segreto di Palazzo Te.
Restano ancora, a completare l’ insieme, un disegno progettuale incentrato su Sant’Andrea in Mantova di Pompeo Pedemonte, già oggetto di uno studio breve di G. Girondi , il cui rendering lascia supporre che la fabbrica del tempio albertiano prevedesse un vestibolo anche su Piazza delle Erbe, e può fare intendere quale fosse la cupola più affine agli intenti albertiani, già espressi a suo tempo per il tempio malatestiano di Rimini, inoltre un bel disegno imperioso di Giovanni Battista Bertani che rappresenta un Ercole per apparati scenici campeggiante in una postura di grande possanza, nonché una copia o un originale di una Resurrezione di Bernardino o Gatti il Sojaro, formatosi sulla pittura mantovana di G. Romano. In esso più che il sentimento devozionale può l’ impertinenza della composizione, vuoi per il Cristo che sembra ascendere in gloria al culmine della disposizione acrobatica dei suoi vigilanti, vuoi per le impugnature e i sottinsù esibizionistici di costoro. Un dato non peregrino, quello della licenziosità d’artista nei tratti privati dei propri disegni: valga per tutti, “modi” di G. Romano inclusi, il meraviglioso studio di Rubens per il Battesimo di Gesù che figurava nella Chiesa della Trinità di Mantova. A latere sono esposte anche tracce documentarie e bibliografiche delle committenze ecclesiastiche per Giulio Romano della Diocesi di Mantova, con un pregevole opuscolo illustrativo.
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